Il monastero: tra leggenda e storia

1490 – 1504: Camilla Pio fonda il monastero di S.Chiara

La principessa Camilla Pio, figlia di Gilberto II Pio di Savoia e di Elisabetta Migliorati, nipote del Papa Innocenzo VII, decide di farsi monaca. E’ una donna già matura, pia e facoltosa per l’eredità lasciatale dalla zia paterna Margherita Pio. Un patrimonio immenso che si aggiunge alla sua già grande ricchezza.
Secondo Guglielmo Maggi, nelle “Note storiche della città di Carpi”, ella “viaggiando un giorno fino al tramontare del sole, quando già credevasi a Ferrara… si trovò vicina alle mura di Carpi” e qui per ispirazione divina decise di costruire un monastero in cui ritirarsi.
La principessa ha sempre praticato fin dalla giovinezza una vita di pietà intensa e continua così anche oggi”. Così è scritto nell’elogio che Papa Innocenzo VIII fa a Camilla nella bolla pontificia del 1490 con la quale autorizzava la costruzione del Monastero di S.Chiara in Carpi.
Camilla Pio lascerà tutto per la costruzione del Monastero di Santa Chiara ed altre opere pie, nel giorno della professione solenne di monaca clarissa.
Il monastero e la chiesa annessa di Santa Chiara vennero ultimati nell’anno 1500 e Camilla nominata badessa del monastero stesso nel 1501.
Dopo tre anni di vita in totale povertà e penitenza muore in concetto di santità, glorificata e chiamata “beata” per le guarigioni e i miracoli compiuti prima e dopo la morte, come attestano tutti gli storici che hanno scritto di lei.

1611 – 1650: Eleonora d’Este (Suor Caterina Angiola) e l’espansione del convento

Spirito irrequieto, certamente con scarsa vocazione si ritira alla vita monacale. E’ figlia del Duca Cesare d’Este e in occasione della sua professione religiosa prende il nome di suor Caterina Angiola. Siamo nel 1611.
Proprio nel palazzo che prospetta via S.Chiara, Eleonora farà costruire appartamenti particolari per lei e per il suo seguito e quando nel 1625 diviene badessa vorrà speciali festeggiamenti e riconoscimenti. Suonano tutte le campane della città, artiglierie, trombe e tromboni, fuochi artificiali…
Nello stesso anno il convento diventa luogo di educazione per la gioventù di rango nobile e la presenza di queste educande fa perdere al Monastero la sua austerità. Mobili e arredi abbondavano, preziose suppellettili, candelabri, tappeti ed arazzi adornavano tutte le sale del convento.
Si continuano a fare grandi importanti lavori edili, come la costruzione nel 1627 dell’Edificio magnifico della Bugada e della nuova sala del Capitolo, ora denominata Sala del ‘600.
Si ha notizia di un’ossessione diabolica collettiva durata un decennio e terminata solamente nel 1639 con l’allontanamento della badessa suor Caterina Angiola che si trasferisce nel convento di S.Geminiano a Modena.
Si può a questo punto pensare che nel 1650 il Monastero avesse praticamente la conformazione attuale, giacché si riconosce facilmente nell’ala che prospetta via S.Chiara l’espansione seicentesca voluta da Eleonora d’Este.

1790 – 1950: l’allontanamento e il ritorno delle suore

Nel 1790 un incendio distrugge le fattorie dei serventi e la sagrestia.
Nel 1798 il commissario del potere esecutivo della Repubblica Cisalpina ordina alle monache di sgomberare il convento, e il corpo della Beata Camilla viene portato in Duomo. Le suore che all’epoca dell’evacuazione erano 112 ritornano in numero ridotto nel convento, 17 anni dopo, nel 1816.
Nel 1846 l’ala di via S.Chiara viene trasformata in caserma ducale e solo dopo 26 anni diventerà sede delle suore cappuccine.
Nel 1900 il chiostro diventa proprietà comunale e alloggerà durante la Prima Guerra Mondiale le truppe italiane.
Finalmente dal 1927 il complesso monumentale inizia a tornare di proprietà religiosa. Nel 1928 viene riacquistato il chiostro e nel 1941 il Palazzo Corso.
Ultimo atto: le cappuccine lasciano nel 1950 l’ex caserma ducale per trasferirsi nel nuovo convento in via Trento Trieste e lo storico travagliato stabile diventa nel 1952 sede dell’Oratorio Cittadino.

La ristrutturazione dell’oratorio

Le suore cappuccine lasciarono la loro residenza di via S.Chiara il 18 agosto 1950 per trasferirsi nel monastero costruito accanto alla chiesa di S.Bernardino da Siena, in via Trento Trieste.
Il trasferimento avvenne previo accordi con don Vincenzo Benatti, fondatore dell’ACEG, che si accollò l’onere di costruire un nuovo monastero a spese dell’Ente stesso.
I locali lasciati liberi dalle suore furono affittati al Liceo Scientifico “M.Fanti” adeguandoli provvisoriamente ad uso scolastico. In seguito furono messi in opera cantieri di ogni tipo, che si susseguirono ad intermittenze più o meno lunghe per salvaguardare il complesso edilizio da un ulteriore degrado e por mano insieme a lavori di restauro e di rifacimento.
Tra i primi ci fu la revisione delle coperture (capriate e tegole), la copertura di tutti gli edifici che per varie ragioni risultavano gravemente dissestati. Intervento di forte impegno finanziario che costrinse il consiglio di amministrazione ad alienare in parte i terreni agricoli lasciati pochi anni prima in eredità all’Ente. Nel corso degli anni seguenti furono affrontati progetti ambiziosi per altri lavori non più prorogabili. Intanto però bisognava intervenire per rappezzare, per piccole manutenzioni e tinteggiare al fine di rendere usufruibili gli spazi utili per l’azione educativa.
Qualche accenno meritano alcune grandi opere che in seguito contribuirono a cambiare il volto dell’ambiente rendendolo più idoneo alle esigenze oratoriane. Tra queste:

  • la costruzione del cinema-teatro Eden;
  • un nuovo funzionale impianto di riscaldamento;
  • uno spazio radicalmente rinnovato ed attrezzato destinato all’apertura di un centro ricreativo per la gioventù di Carpi.

Nasce il cinema-teatro Eden

Una moderna sala adibita a cinema-teatro e ad altre manifestazioni culturali sembrò un bisogno primario per la vita oratoriana da realizzare in tempi possibilmente brevi. Per la catechesi già erano disponibili le nuove aule modernamente attrezzate della Scuola di addestramento professionale promossa e gestita dall’ACEG.
Per la costruzione del cinema-teatro il consiglio dell’Ente deliberò di destinare uno spazio coltivato ad orto posto tra un edificio popolare di proprietà comunale (il Palamaio) e l’ala est del vecchio monastero prospiciente via S.Chiara. Furono salvate le vecchie mura perimetrali del convento, ancora in buono stato di conservazione, a far parte della costruzione. Bastarono pochi mesi per rendere disponibile un grande vano, piuttosto rustico ma già agibile, e bisognoso di altri possibili interventi per renderlo più accogliente. Solo alla fine degli Anni ’60 i lavori furono portati a termine con l’intento di fornire all’oratorio e alla città un locale alla pari con tutti gli altri già esistenti nel territorio, modernamente arredato e dotato degli strumenti tecnici più aggiornati. Questa auspicata realizzazione trovò l’apporto di alcuni giovani cresciuti all’oratorio e pertanto più sensibili alle esigenze educative, che non esitarono a “sporcarsi le mani” prestando volontariamente la loro collaborazione in lavori umili e faticosi ma naturalmente alla loro portata. Non certo per interventi strutturali, dove necessitavano professionalità e competenza, ma per l’arredamento, in particolare ove poteva bastare, oltre una guida competente, buona volontà, pazienza e buon gusto.
Ne uscì un bel locale che ebbe il plauso delle autorità religiose e civili e dei tanti che parteciparono alla cerimonia inaugurale. L’opera portata a termine è andata al di là di ogni aspettativa e fu avvalorata da sacrifici non indifferenza da parte dei giovani volontari, per le tante ore di lavoro anche notturno, e di qualche piccolo incidente che mise “in bilico” un campo estivo per mancanza dell’assistente caduto distrattamente all’imbrunire in uno sbancamento perimetrale del cinema nel corso dei lavori.

La prima cappella dell’oratorio

Altra bella e gratificante impresa fu la realizzazione della prima cappella dell’oratorio, situata all’ingresso di via S.Chiara. L’artista Romano Pelloni, in quegli anni anche lui alle prime armi, ma che già esprimeva una pregevole creatività, collaborò dipingendo un singolare crocifisso realizzato con materie povere ma di notevole forza e suggestione. Anche per dotare l’oratorio di uno spazio per la preghiera furono coinvolti alcuni giovani poco più che adolescenti che per la prima volta maneggiarono mazze, scalpelli e badili per abbattere strutture murarie superflue, togliere il vecchio intonaco, caricare e scaricare il materiale, a richiesta del direttore dei lavori.
Era sorprendente e visibile la consapevolezza di questi ragazzi che stavano facendo qualcosa di importante per sentire più vicina la presenza del Signore come compagno di gioco e come amico cui confidare le problematiche della loro vita.

Anni ’90: la ristrutturazione dell’ala sud

Infine l’ultimo grande intervento negli spazi destinati dall’Ente all’oratorio: il completo rifacimento delle strutture e dei servizi con il benestare della Sovrintendenza alle Belle Arti al piano terra del palazzo addossato all’antico monastero di S.Chiara di cui faceva parte come refettorio delle monache; divenne proprietà dell’ACEG nel dopoguerra (1945). Adibito in un primo tempo ad officina della scuola di addestramento per meccanici, fu destinato poi a divenire sede del nuovo Centro giovanile della città di Carpi. I lavori progettati furono portati a termine nel 1996. Il circolo, denominato “InChiostro” (per la sua ubicazione) fu inaugurato il 23 gennaio 1997.